La richiesta di una “revisione contabile”, invece dell’abolizione tout-court del debito, è tipica di molti settori della sinistra. La candidata alla presidenza Luciana Genro, ad esempio, propose una “revisione contabile da parte della cittadinanza” durante la campagna elettorale del 2014. Questo perché la sinistra è terrorizzata all’idea di delegittimare il potere dello stato, e dunque pensa che solo il debito “illegittimo” debba essere ripudiato. Lascia però inviolato il potere esclusivo dello stato di contrarre debiti e obbligare la popolazione a pagarli. Questa è forse l’ennesima dimostrazione di come la sinistra strillona è priva di palle. Dicono che lo stato è impotente davanti alle forze esterne del capitale, che a sua volta spinge sempre più per l’indebitamento.
Ma è una favola che nasconde il fatto che lo stato usa l’indebitamento proprio per sostenere il capitalismo. E nasconde anche il fatto che si tratta di un sistema efficientissimo di canalizzazione della ricchezza che torna utile allo stato, che assorbe credito dall’economia e lo passa alle grandi aziende, che sono il braccio dello stato. Capita che talvolta si faccia così per ragioni strettamente elettorali. Come spiega la Fattorelli, l’amministrazione Lula pagò il debito brasiliano con l’estero (al 4% di interesse) emettendo debito interno e pagando oltre il 19% di interesse ai capitalisti brasiliani. La mossa fu celebrata come una vittoria per il popolo brasiliano.
Ovviamente, questo non è altro che un aiuto al capitalismo nazionale, che è antieconomico, improduttivo e necessita sempre più di risorse per tenersi a galla. I sussidi crescenti gonfiano il debito, e questo richiede un’economia in crescita costante per far fronte agli interessi. L’accumulo del debito è ciò che ha portato alla crisi fiscale di oggi, crisi che apparentemente richiede “austerità” e “aggiustamenti”. Come le cosiddette “pedalate fiscali”, nome ridicolo affibbiato alle frodi fiscali commesse dall’amministrazione di Dilma Rousseff per evitare la revisione del bilancio federale.
Ma neanche la revisione dei conti è la soluzione. La soluzione è la fine del debito. Non intendo una moratoria, ma una delegittimazione della possibilità dello stato di contrarre debiti. Alla presidenza bisogna impedire di contrarre debiti per farli pagare ai cittadini, a prescindere dalle ragioni. Punto.
È un’idea radicale, ma il debito dev’essere annullato. Oggi. Perché, con il tempo, non solo si trasforma in un sistema che genera sempre più debito per incanalare il denaro dagli individui verso le tasche delle banche e dei capitalisti, ma manda in frantumi qualsiasi inibizione. Un tempo lo stato emetteva i “bond bellici” quando voleva bombardare qualcuno. Oggi non ha più bisogno di questa scusa. Lo stato può emettere debito all’infinito con qualunque giustificazione.
Il debito non si discute. È sacro. Ci dicono che dobbiamo trovare il modo di ripagarlo, almeno in parte. Gli economisti parlano di aggiustamenti fiscali. Temono che lo stato non potrebbe più finanziarsi se dovesse andare in default. Ma questo è un bene. Lo stato non dovrebbe avere la possibilità di finanziarsi comunque.
C’è chi teme che senza indebitamento lo stato non potrà finanziare i grossi progetti infrastrutturali. Tranquilli. Neanche gli attuali mille miliardi di dollari di indebitamento dello stato brasiliano hanno prodotto alcunché di infrastrutture. E c’è chi teme che senza indebitamento l’economia crollerebbe. Ma è proprio questo l’obiettivo: mettere fine ad un sistema economico che indebita i poveri per finanziare il capitalismo.
Il debito pubblico è ingiusto. È immorale. È un sistema di ridistribuzione del reddito a vantaggio dei ricchi. E dev’essere distrutto.
Traduzione di Enrico Sanna.